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Market Spotlight: distressed deals in EMEA. La storia si ripete?

28 giugno 2022 | Blog

Market Spotlight: distressed deals in EMEA. La storia si ripete?

I dealmaker europei si trovano in una posizione singolarmente difficile. Anche altre regioni sono alle prese con l’aumento dell’inflazione, con i problemi della catena di fornitura e con la recessione economica, ma le conseguenze dirette e indirette dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia si stanno facendo sentire soprattutto in Europa. 

I movimenti vorticosi prodotti dagli shock negativi rischiano di pregiudicare i successi ottenuti dai dealmaker nel 2021, e le operazioni di ristrutturazione e di distressed M&A diventeranno una presenza fissa sia quest’anno, sia nel prossimo.

Parallelismi e differenze 
Vi sono alcuni parallelismi con l’ultima emergenza economica globale, ovvero la crisi finanziaria del 2007-2008. Nel secondo trimestre del 2007, le operazioni di fusione e acquisizione nell’Europa occidentale raggiunsero cifre record, con operazioni per un totale di 545 miliardi di dollari USA. Le operazioni crollarono poi nei due anni successivi e toccarono il fondo nel secondo trimestre del 2009 quando, stando ai dati di Mergermarket, il loro valore fu pari a 64 miliardi di dollari USA.

L'anno scorso, grazie al riassorbimento post-pandemia della domanda che si era accumulata fino ad allora, le operazioni di M&A nell’area EMEA hanno raggiunto livelli stellari. Il valore aggregato dei deal nella regione si è attestato di poco al di sotto dei 1.400 miliardi di euro, il massimo di sempre, con un incremento del 74% rispetto al 2020 grazie soprattutto ai forti livelli di attività nel settore TMT e nel comparto industriale. Nel 2021 sono state concluse in area EMEA oltre 11.000 operazioni, con un incremento del 43% rispetto all’anno precedente e un altro record annuale. 

Tuttavia, i dati indicano già adesso che il 2022 sarà un anno meno vivace: nel primo trimestre, le fusioni e acquisizioni in area EMEA hanno fruttato 223 miliardi di euro per poco più di 2.000 operazioni, con un calo rispettivamente del 27% e del 31% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Inoltre, tra l'inizio del 2007 e la metà del 2008, l'impennata dei prezzi delle materie prime esercitò pressioni pazzesche sulle aziende. Secondo Trading Economics, il prezzo del Brent salì da circa 60 dollari a quasi 140 dollari al barile. Nel giugno del 2022, il prezzo dell’oro nero ha oscillato tra i 110 e i 120 dollari al barile. Sebbene gli eventi e i problemi del 2007-2008 non siano identici a quelli di oggi, i dealmaker dovrebbero tenere a mente le lezioni della storia.

Quest’anno, le tensioni macroeconomiche non hanno ancora prodotto un forte aumento di insolvenze o di operazioni di distressed M&A… ma stanno emergendo segnali preoccupanti

Tempo di ristrutturazioni
Allora come oggi, l'aumento delle spese operative e la pressione sui flussi di cassa rischiarono di mettere in difficoltà molte aziende. A ciò si aggiunse il peggioramento delle condizioni di prestito dopo un periodo di "denaro facile" durante cui il finanziamento del debito era a buon mercato, simile al periodo di allentamento monetario e di stimoli fiscali che hanno dato fortissimo impulso alle operazioni di fusione e acquisizione nel 2021.

Quest’anno, le tensioni macroeconomiche non hanno ancora prodotto un'impennata di insolvenze o di operazioni di distressed M&A: dopo tutto, siamo solo all'inizio del ciclo di inasprimento monetario e non è prevista una recessione fino alla fine di quest'anno o all'inizio del prossimo, tuttavia stanno emergendo segnali preoccupanti.

Nel Regno Unito, ad esempio, diversi indicatori chiave stanno andando nella direzione sbagliata. Secondo i dati dell'Insolvency Service, nel primo trimestre sono fallite 4.896 aziende britanniche, in aumento rispetto alle 4.627 del quarto trimestre del 2021. La media trimestrale tra il 1975 e il 2022 è stata di 3.635 fallimenti, con il quarto trimestre del 2008 che ha stabilito il record negativo di un singolo trimestre con 6.950 fallimenti. Nel frattempo, la Confindustria britannica ha riferito che l'ottimismo del settore manifatturiero è sceso nel secondo trimestre a – 34 rispetto a – 9 del trimestre precedente, il livello più basso dall’aprile 2020, e che l'indice dei responsabili degli acquisti del settore manifatturiero pubblicato dal Chartered Institute of Procurement & Supply è sceso a 53,4, toccando il livello più basso degli ultimi 23 mesi.

Le circostanze odierne non sono identiche a quelle della crisi finanziaria globale del 2007-2008. Per certi versi, le condizioni del 2022 sono ancora più volatili, dato il persistente impatto della pandemia da COVID-19 e la volatilità geopolitica. Si può tuttavia sostenere che i mercati si sono ben adattati all' incertezza attuale. In ogni caso, i dealmaker farebbero bene a ricordare che "la storia non si ripete, ma spesso fa rima con se stessa".

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